Decreto Legge reclutamento

Approvate alcune importanti modifiche normative richieste in questi mesi dalla FLP: lo sblocco dei tetti dei fondi di amministrazione, il ripristino dei passaggi tra le aree, l’area delle alte professionalità’, l’accesso dall’interno alla dirigenza.

Restano però notevoli le criticità su molti aspetti applicativi, sui criteri di inquadramento del personale interno e la precarizzazione per le nuove assunzioni previste

E’ stato approvato nel Consiglio dei Ministri del 4 giugno u.s. il testo del cosiddetto DL “reclutamento” in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Da una prima lettura del testo provvisorio, diffuso in queste ore, emergono alcune importanti novità che riguardano il lavoro pubblico.

In buona sostanza il Decreto non si limita a definire le modalità di assunzione per le nuove professionalità necessarie a garantire la piena attuazione dei Piani previsti nel PNRR, ma riscrive in buona parte alcune norme del D.Lgs. 150 in materia di rapporto di lavoro dei dipendenti pubblici. E dobbiamo dire che, nelle linee generali, dette modifiche vanno nella direzione auspicata dalla FLP in questi mesi che, come è noto, ha chiesto con forza ai Governi che si sono succeduti, modifiche normative necessarie a rimuovere i vincoli oggi frapposti al pieno dispiegarsi della contrattazione collettiva, per poter da un lato rinnovare in modo soddisfacente i contratti scaduti ormai da quasi tre anni e allo stesso tempo riscrivere gli ordinamenti professionali e ripristinare il diritto alla carriera bloccato ormai da decenni.

Valutiamo positivamente la norma che supera il tetto predeterminato ai Fondi risorse Decentrati delle Amministrazioni che permetterà finalmente il recupero di molte di quelle risorse che seppure già stanziate e nella disponibilità delle amministrazioni, venivano poi tagliate per rispettare i limiti di consistenza complessiva degli anni precedenti.

Così come accoglie le nostre richieste il ripristino a regime delle procedure dei passaggi tra le Aree per il personale interno, non più limitato ad una vigenza temporanea e sperimentale e con percentuali di copertura fino al 50%. In questo caso restano però le criticità per la formulazione della norma che interviene sui criteri prevedendo una procedura comparativa mediante attribuzione di fasce di merito, basata sulla comparazione dei titoli e soprattutto non supera il vincolo del possesso del titolo di studio previsto per l’accesso dall’esterno, vanificando l’esperienza professionale e le competenze acquisite nel corso del rapporto di lavoro.

Viene inoltre prevista in sede di contrattazione collettiva nazionale l’istituzione di un’ulteriore Area per le posizioni di elevata specializzazione. Si tratta di una norma che per noi va riempita di contenuti in sede di rinnovo dei Contratti, evitando che possa configurarsi come un contenitore di nicchia, molto limitato nei numeri, e destinato ad inquadrare solo alcune professionalità o titolari di posizioni organizzative. E’ evidente che questa impostazione verrà da noi fortemente contrastata in quanto riteniamo invece che gran parte delle professionalità ora inquadrate nella terza area sono da inquadrare in detta Area.

Importante inoltre quanto previsto in materia di accesso alla dirigenza nella parte nella quale viene riservata una percentuale fino al 30 per cento dei posti disponibili al personale interno inquadrato nell’area apicale delle qualifiche funzionali da almeno 5 anni. In questo modo viene recepita una nostra rivendicazione, che è parte integrante della nostra proposta di nuovo Ordinamento professionale, che vede nella riscrittura delle Aree, nelle norme di primo inquadramento per il personale già in servizio, nello sblocco dei passaggi tra le aree che deve arrivare fino all’ accesso alla dirigenza, il reale riconoscimento del diritto alla carriera e la valorizzazione delle competenze possedute e acquisite nel corso dell’attività lavorativa.

Molte ombre invece sulla parte relativa alle assunzioni temporanee dall’esterno di funzionari e alte professionalità. Per la natura precaria di detto rapporto di lavoro (3+2 anni), che sicuramente porrà poi il problema delle stabilizzazioni, per i titoli richiesti (iscrizione agli albi per i funzionari, dottorato di ricerca o esperienza triennale esterna in organismi della UE per le alte professionalità) che potrebbero predeterminare poi i requisiti di accesso alla nuova area contrattuale da definire nell’ambito del rinnovo del CCNL. Così come appare un’incursione legislativa non accettabile l’individuazione dei nuovi profili professionali in cui inquadrare i neoassunti che lede l’autonomia negoziale e il delicato lavoro di riscrittura dell’ordinamento professionale.

Il rilancio delle Pubbliche amministrazioni necessita di un’operazione di largo respiro, che non si limiti a presumibili (ma non certi, visti i livelli economici previsti) ingressi temporanei solo nelle unità organizzative deputate all’attuazione del PNRR, o alla Giustizia, dove il modello di reclutamento è sempre precario e a termine, ma che rafforzi gli organici di tutte le Amministrazioni, ormai al collasso, per garantire i livelli di efficacia e di qualità che servono al Paese.

Da segnalare infine la norme che elimina il rilascio del nullaosta in caso di mobilità volontaria tra Amministrazioni limitandolo ai casi di carenza di organico superiore al 20 per cento nella posizione, a profili motivatamente infungibili, o a personale assunto da meno di tre anni. Anche in questo caso vi è il rischio che la norma alla fine poi produca effetti del tutto residuali dal momento che le casistiche di esclusione sono variegate e molteplici gli appigli a cui possono aggrapparsi le Amministrazioni cedenti.

Questi brevemente elencati sono i punti salienti del Decreto legge approvato in Consiglio dei Ministri che hanno diretto riflesso sul rapporto di lavoro dei pubblici dipendenti.

Infine, il DL non reca purtroppo alcuna norma tesa a favorire il pensionamento anticipato dei lavoratori che, dal 1 gennaio p.v., con la cancellazione di quota 100 e il recupero delle norme Fornero, si troveranno a subire gli effetti nefasti dello “scalone”, che per qualcuno vorrà dire cinque anni di servizio in più. In queste settimane, era stato ipotizzato uno “scivolo”, anche per favorire il ricambio generazionale e consentire accessi di professionalità più in linea con le necessità attuali della P.A., ed era stato lo stesso Ministro con alcune dichiarazioni ad alimentare questa speranza, ma nel DL non c’è nulla al riguardo.

Aspettiamo ora la pubblicazione per verificare il testo finale e di conseguenza intervenire, nel corso dell’iter parlamentare di conversione del Decreto in Legge, per apportare tutte quelle modifiche necessarie a migliorare le parti che non ci convincono, e che possono essere di ostacolo al raggiungimento degli obiettivi che ci siamo prefissi e che intendiamo poi cristallizzare all’interno dei nuovi CCNL del lavoro pubblico. A partire da quello delle Funzioni Centrali, il cui negoziato è ormai aperto e sul quale possono e debbono incidere, le modifiche normative sopravvenute.

 

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