C.S.E. DIPARTIMENTO POLITICHE SOCIALI

Responsabile: Salvatore Poidomani

Il Dipartimento Politiche Sociali della C.S.E si propone il potenziamento di una specifica area politico-sindacale-organizzativa, con compiti di studio, di proposta e di programmazione sui temi della promozione di un welfare universale ed inclusivo, dei diritti di cittadinanza, del diritto alla salute ed alla integrazione sociale, sulle politiche socio assistenziali e sanitarie, sulle politiche attive del lavoro.

In particolare l’attenzione sarà rivolta alle politiche per la famiglia, per l’infanzia e l’adolescenza, per l’autosufficienza e i diritti delle persone disabili, per il superamento delle fraglità sociali, con adeguate azioni di contrasto alla povertà e a tutte le forme di emarginazione.

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Il tema delle politiche sociali assume per la Confederazione C.S.E. un significato strategico, perché esse sono fortemente legate sia alla promozione e alla tutela dei diritti di cittadinanza che alle opportunità di rilancio dell’economia e dell’occupazione del nostro Paese.

Il welfare, a nostro avviso, rappresenta ancora oggi, una fondamentale condizione, per altro affermata a livello costituzionale, atta a garantire prospettive di sviluppo economico e sociale fondate su principi di equità, solidarietà, redistribuzione delle risorse, promuovendo senso di comunità e coesione sociale.

La grave crisi economica che drammaticamente coinvolge il nostro Paese, ma che si estende a livello europeo e mondiale, ha prodotto e continua a produrre gravi effetti sul piano sociale, nella vita delle persone e delle comunità.

Da tempo e da più parti, a livello politico e sindacale, ma soprattutto da quella vasta area che fa riferimento all’associazionismo, al volontariato e al terzo settore, si chiede, a chi ha responsabilità di governo, di fare scelte chiare, di invertire la rotta, interrompendo, innanzitutto la logica dei tagli indiscriminati e “lineari” alla spesa pubblica e la drastica riduzione delle risorse destinate agli interventi sociali, che continuano a provocare una ricaduta pesante e negativa su larghe fasce di popolazione.

Ciò che si chiede a gran voce è fermare il progressivo smantellamento del sistema di Welfare e dei diritti sociali cui abbiamo assistito negli ultimi anni e che ha provocato un aumento delle condizioni di povertà, di bisogno e di disagio.

Certamente oggi è necessaria una riflessione tesa a ridefinire l’idea di stato sociale che, oltre ad essere pesantemente condizionato dai processi della globalizzazione e dalla conseguente modifica del sistema di gestione della ricchezza e dei processi di ridistribuzione, oggi rischia di essere messo in discussione dalla eccessiva burocratizzazione, dalla scarsità di risorse, dall’inefficienza e soprattutto dall’inefficacia rispetto alla capacità di dare risposte adeguate ai bisogni della comunità.

Ma le difficoltà, i limiti e le storture dell’attuale sistema non possono inficiare il valore e il significato di un sistema di protezione sociale a responsabilità pubblica, nel senso che a questo termine viene dato dall’articolo 118 della Costituzione.

È chiaro che occorre sperimentare nuove forme di welfare, attuando strumenti e modelli innovativi che possano continuare a garantire diritti sociali, fondati sul concetto di universalità, di lotta alle diseguaglianze sociali e sostegno alle fasce più deboli.

È necessario attuare il superamento di un Welfare “risarcitorio”, che si limita cioè a “ risarcire” bisogni pre-definiti con interventi che si stratificano nel tempo, connotato dalla frammentazione e fondato sulla divisione delle responsabilità tra una pluralità di soggetti non adeguatamente coordinati tra loro e in cui i risultati non possono essere mai confrontati e comparati al fine di una valutazione del sistema delle risposte.

La Confederazione C.S.E. e il SUNAS, il Sindacato Professionale degli Assistenti Sociali che ad essa aderisce, hanno sempre espresso la convinzione, dimostrandone anche la fondatezza con dati certi, della possibilità di conciliare le esigenze di risparmio con l’erogazione di servizi e prestazioni efficaci ed efficienti, attraverso intervenenti tesi alla riduzione degli sprechi e alla riqualificazione della spesa.

In particolare, per quel che riguarda l’ambito dei servizi sociali e sanitari, basterebbe finalmente dare attuazione a concreti processi innovativi e ad una seria programmazione degli interventi, fondata sulla realizzazione di reali ed adeguati percorsi di integrazione socio-sanitaria, ai quali va sempre più attribuita una funzione centrale in riferimento sia agli aspetti di progettazione sia a livello organizzativo ed operativo.

A tal proposito, la revisione del Titolo V della Costituzione, prevista dall’attuale Governo Renzi, e che tra i vari obiettivi prevede anche quello di correggere quella che è stata definita “la sbandata federalista” del 2001, potrebbe essere l’occasione per riaprire uno spazio significativo di confronto volto a recuperare le indicazioni e gli orientamenti contenuti nella legge quadro 328/2000 sul sistema integrato degli interventi e dei servizi socio-sanitari, richiedendo con maggiore forza la definizione dei LEA e dei LIVEAS, nonché dei profili riguardanti le figure professionali sociali, attuando finalmente l’art.12 della stessa legge.

Pertanto verrebbe dato un nuovo impulso alla proposta di definizione di linee-guida relative all’organizzazione e articolazione del servizio sociale professionale che comprendano anche la questione della dirigenza sociale.

È evidente che, oltre a definire i percorsi e le azioni, è necessario individuare gli “agenti” ai quali affidare risorse e strumenti per garantire il raggiungimento degli obiettivi e la buona riuscita del progetto.

In tale contesto deve essere chiaro che, così come la scuola ha al centro la figura dell’insegnante o la questione della tutela della sicurezza dei cittadini è affidata alle forze dell’ordine, il sistema integrato dei servizi sociali, pur nell’ambito di un approccio multidisciplinare e multidimensionale, non può non fare riferimento al ruolo dei professionisti Assistenti Sociali e del Servizio Sociale Professionale che svolgono da sempre una funzione importante e strategica rispetto alle tematiche di promozione, gestione, organizzazione e ri-organizzazione dei servizi alla persona, funzione che va rafforzata con il completamento del percorso di riconoscimento giuridico e normativo già avviato.

Anzi, siamo certi che il rafforzamento e una più compiuta definizione del ruolo e della funzione della professione dell’Assistente Sociale potrà contribuire a rendere ancora più efficaci ed efficienti gli interventi e i servizi rivolti alle persone e alla comunità, in un contesto più ampio di rivalutazione delle politiche sociali intese come settore strategico in grado di creare le condizioni per una prospettiva di superamento della crisi stessa, e quindi di sviluppo, di crescita, di benessere, riducendo le condizioni di povertà, di bisogno e di disagio sociale, innescando un processo virtuoso che contribuisca a rimettere in moto anche dal basso la nostra economia.

Ciò significa riaffermare un modello di Welfare fondato sui principi di universalità, solidarietà ed equità, perseguendo un uso razionale delle risorse disponibili secondo criteri di compatibilità e sostenibilità dei sistema, prevedendo azioni adeguate di monitoraggio e di valutazione dei servizi sociali, sanitari e socio-sanitari, con riferimento ai requisiti di qualità e sicurezza.

La Confederazione C.S.E, alla luce di quanto sopra esposto, ritiene che Governo e Parlamento debbano impegnarsi nell’attuazione di azioni tese a favorire un adeguato sviluppo delle politiche sociali, intervenendo soprattutto e in particolare:

  • sul ripristino immediato dei Fondi sociali nazionali, adottando un sistema di finanziamento fondato su una programmazione pluriennale: Fondo per le politiche sociali, Fondo per la non autosufficienza, Fondo per la famiglia;

  • sulla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sociali al fine di garantire a tutti i cittadini diritti sociali in modo omogeneo in tutto il territorio nazionale. A tal proposito occorre attivare un circolo virtuoso che metta in relazione, fissando criteri standard, obiettivi quantitativi e qualitativi, bisogni reali, costi, risorse, ma soprattutto che individui adeguati meccanismi di monitoraggio e di valutazione;

Per quanto riguarda le risorse necessarie, appare indispensabile puntare su un utilizzo virtuoso dei fondi europei 2014-2020, da cui è possibile recuperare per le politiche sociali risorse aggiuntive rispetto a quelle nazionali, con riferimento all’indicazione della Commissione Europea, di destinare almeno il 25 % del Fondo sociale allo sviluppo delle politiche di coesione.

L’obiettivo deve essere la realizzazione di un sistema di welfare che rappresenti un fattore di sviluppo sociale ed economico, radicato fortemente nei territori, fondato su una dimensione locale ma orientato da linee guida e da un modello di welfare nazionale, frutto dell’integrazione di buone pratiche, esperienze, iniziative provenienti dal settore pubblico e da quello privato.

Salvatore Poidomani

Responsabile Dipartimento Politiche Sociali C.S.E.